sabato 16 agosto 2008

Ecco come evitare le truffe dei finti amici


Vi è mai capitato di incontrare un perfetto sconosciuto che, non appena vi vede, comincia a farvi le feste dicendo frasi come: «Ma che bello rivederti…Come stai? Quanto tempo che non ci si vede…Ti mantieni sempre in forma, eh? Ma tu non invecchi mai…» e cose del genere? Eppure, per quanto scaviate nella memoria, quella faccia proprio non ve la ricordate. E magari vi vergognate anche un po' perché quell'altro sembra invece che vi conosca bene. No, non vi state sbagliando. E lo sconosciuto è proprio uno sconosciuto. Anzi, è un truffatore che sta cercando di abbindolarvi per appiopparvi qualcosa, magari più o meno a prezzo di saldo. Uno di questi individui sta circolando in questi giorni a Genova ed è in cerca di polli da spennare. Sempre che l'aspirante vittima ci caschi, ovviamente.
Ma partiamo dall'inizio. Quello che sto per raccontarvi è successo a me qualche giorno fa, ma potrebbe accadere benissimo a chiunque di voi in qualunque momento della giornata, mentre ve ne andate in giro per i fatti vostri.
Siamo ai primi di agosto nei pressi dell'Ospedale Galliera, in uno dei parcheggi adiacenti il muro perimetrale. Ho appena finito di parcheggiare e mi accingo a chiudere l'auto per recarmi in ospedale dove devo andare a trovare un'amica lì ricoverata. Ho appena schiacciato il pulsante del telecomando quando mi sento chiamare da qualcuno all'interno di una vettura quasi affianco alla mia. E' una vecchia Opel station wagon di color celeste e chi mi chiama è un uomo di mezza età, dal viso piuttosto paffutello, con barba e baffi curati e i capelli radi e brizzolati. L'accento è senza alcun dubbio napoletano. «Ciao, come stai? - urla tutto festoso - Ma che bello rivederti dopo tutto questo tempo. Che fai, non invecchi mai? Vai in palestra, non è vero? Ma pensa te, quanto tempo: sono anni ormai…».
Io lo guardo e mi domando chi sia. Il mio lavoro di giornalista mi ha portato a conoscere migliaia di persone e non tutte mi sono rimaste in mente. Può anche essere che abbia conosciuto qualcuno in una particolare occasione e poi non lo abbia più visto. Chissà? E comunque sono sempre stato terribilmente distratto: mi è anche capitato di incontrare colleghi che non vedevo da tempo e di non averli riconosciuti. Ma quella faccia, quel tizio che mi sorrideva dalla Opel, proprio non me lo ricordavo.
«Ci siamo già conosciuti?», accenno tanto per non sembrare scortese. «Ma guardalo: non mi riconosci neanche più? - risponde l'altro - Sai, io mi sono trasferito a Sesto Fiorentino e mi occupo di pellami. Magari se capiti da quelle parti puoi telefonarmi…Piuttosto come te la passi? Tutto bene sul lavoro e a casa?».
Distratto o no, non me la sentivo di fare delle confidenze a quel signore. Per cui ho detto vagamente che andava tutto bene, senza scendere in particolari. Ma più lo guardavo e meno quel viso mi ricordava qualcosa o qualcuno. Tanto per cominciare non mi chiamava per nome e la cosa era sospetta. Perché se qualcuno ti conosce, la prima cosa che fa è pronunciare il tuo nome. Per cui, dopo un primo attimo di smarrimento, mi sono convinto di aver a che fare con un individuo un po' losco. E il cronista ha avuto la meglio sulla persona prudente che, a quel punto, doveva tagliar corto e andarsene. Così ho deciso di stare al gioco e vedere dove quel tizio voleva andare a parare. E non mi sbagliavo. «Guarda - mi fa - proprio per festeggiare questo incontro casuale dopo tanti anni, voglio farti un regalo». E apre la portiera dalla parte del guidatore mettendo sul sedile due grossi capi di vestiario che teneva sul sedile posteriore. «Questi - mi dice - sono due giubbotti di ottima pelle. Toccali, se vuoi, è perfetta. Mi sono rimasti dal campionario e dovrei riportarli in magazzino. Invece te li regalo».
Io lo guardo e dico: «Grazie, ma non mi pare il caso. Non posso accettare due regali così costosi…».
«Allora vediamo - prosegue il napoletano - Tu che taglia hai? Una XL mi pare a occhio. Ecco, tieni anche questo». E prende dal sedile posteriore un altro capo, questa volta un giaccone invernale di pelle nera, foderato di pelliccia.
«È pura nappa - mi spiega tutto concitato - una meraviglia…».
«Lo vedo - rispondo io - ma a maggior ragione non posso accettare.
È troppo!».
«Allora senti - mi propone il volpone - Solo questo giaccone costa 2400 euro. Tu dammene 1200 e va bene così».
Io sorrido perché ormai tutto è chiaro, ma recito sempre la parte di quello che vuole ringraziare e andarsene. «Di solito non cammino con tutti questi soldi in tasca - gli dico - Grazie comunque».
Il truffatore, però, insiste. «E va bene, facciamo la metà della metà: dammene 600 e ti porti via tutto. Sai, tanto per ammortizzare le spese d'albergo…».
«Non ho neppure quelli - rispondo un po' spazientito, anche perché mi stavo scocciando sul serio - e comunque ho fretta perché ho un appuntamento»:
«Non fa niente, magari ti accompagno ad un Bancomat. Tu te la passi bene economicamente?».
Era incredibile. Il truffatore si informava pure sulle condizioni economiche della sua vittima. E dai 1200 euro iniziali era sceso alle poche centinaia di euro che si possono prendere in un giorno dal Bancomat. Comunque il gioco era durato anche troppo. «Non mi interessa, hai capito?» - gli ho urlato. E senza voltarmi indietro l'ho lasciato nella sua auto, mentre ancora rivoltava la mercanzia. «Ma è un'occasione unica…» continuava a dirmi, mentre mi allontanavo. Poi, quando ha visto che entravo al Galliera, ha riacceso il motore e se n'è andato. Da qualche parte, chissà dove, sarà andato a cercarsi un altro «vecchio amico» che non vedeva da anni. Siete avvertiti.