martedì 2 marzo 2010

Truffe e militari alla cinese

La pirateria informatica tormenta la Cina. Ma è anche il terreno di cultura di un eventuale conflitto elettronico, non virtuale

PECHINO --"I metodi di truffa si rinnovano continuamente e bisogna restare sempre all’erta. In ogni caso che si ricevano telefonate, sms, email da sconosciuti chiedendo informazioni, vi preghiamo di non offrire alcun dettaglio e di chiamare immediatamente il 110”.
Questa la nota in cinese che da qualche settimana la polizia manda a ripetizione sui telefonini di qui avvertendo dei nuovi pericolosi imbrogli elettronici:
Benvenuti nel mondo dei bidoni Made in China che, come ammettono le autorità, colpiscono per gran parte e in primissimo luogo i cinesi, e solo dopo gli stranieri.

Con oltre 500 milioni di telefonini e 300 milioni di utenti internet ultra sofisticati la Cina è oggi probabilmente il paradiso mondiale degli hacker. Anche perché al di là delle leggende sui controlli in realtà per acquistare una scheda telefonica non c’è bisogno di alcun documento, e gli internauti cinesi usano spesso computer pubblici con utenze irrintracciabili.

Certo il governo potrebbe, come da noi o in tanti altri Paesi, imporre la registrazione dei numeri o vendere in maniera selezionata abbonamenti di accesso al web. Ma questo soffocherebbe la crescita di internet in Cina e la stampa internazionale urlerebbe non contro la censura ma contro la grande campagna anti informatica cinese.

Il governo cerca di seguire cosa succede in rete, e anche talvolta di indirizzarne l’opinione pubblica elettronica, ma lo fa con interventi ex post, di monitoraggio dei blog e dei gruppi di chat.

Ma la mancanza di veri controlli alla fonte rende impossibile capire chi fa davvero cosa in Cina. Questo è il contesto in cui agivano e agiscono gli hacker in Cina, anche quelli delle due scuole di Shanghai accusate di avere lanciato attacchi contro gli Usa e di avere appoggi dai militari.

Ma proprio il presunto appoggio dei militari, visto nel fatto che le due istituzioni accademiche hanno avuto un legame in passato con l’esercito di liberazione popolare (Pla), è un anello debole.

L’esercito è uno stato nello stato in Cina, qualunque azienda di meccanica per esempio ha avuto legami il Pla. Il Pla è così Questo non vuol dire che questi legami continuano oggi, anche se neppure lo esclude.

Così la confusione generale del sistema Cina può anche essere la zona grigia da cui forze oscure, sostenute da architetti della guerra del governo, organizzano specie di apocalissi elettroniche, prove e controprove di attacchi virtuali tra potenze grandi e piccole.

Non è un mistero che il web è diventato letteralmente un campo minato, una priorità strategica per tutti gli eserciti che contano. Attacchi virtuali a centrali di comando e controllo nemiche possono cambiare le destinazioni dei missili e azzerare le difese senza sparare un colpo.

Ma di certo la zona grigia copre milioni di aspiranti truffatori elettronici che colpiscono i cinesi molto prima degli stranieri.

Vero è che così in Cina, come in altre parti del mondo, i giovani hacker sono nelle liste di arruolamento delle forze di sicurezza, e avere sfondato delle maglie di protezione nemiche è ormai una medaglia di onore che può preparare a grandi successi nell’apparato di difesa.

La crescita spontanea di hacker che scalano avanti e indietro il grande firewall, la sicurezza elettronica che chiude internet cinese, è un elemento di rischio visto che portano destabilizzazione della rete e fanno filtrare tante notizie sgradevoli per il governo.

Ma questi stessi ragazzi sono una risorsa da coltivare per il governo cinese di domani, che teme il rischio di dovere affrontare nemici elettronicamente più dotati di lui.

di Francesco Sisci
fonte:http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/giornalisti/grubrica.asp?ID_blog=98&ID_articolo=498&ID_sezione=180&sezione=